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Il Tribunale di Alessandria, con ordinanza del 6 ottobre 2025, ha rigettato l’istanza di
autorizzazione alla vendita di un ramo d’azienda nell’ambito della composizione negoziata
della crisi, negando così la deroga all’art. 2560 c.c. La decisione si fonda sulla carenza dei
due parametri richiesti dall’art. 22 c.c.i.: funzionalità dell’atto alla migliore soddisfazione dei
creditori e rispetto del principio di competitività. L’offerta proposta (Euro 150.000 + IVA) è
stata ritenuta manifestamente inadeguata, in quanto pari a circa la metà del valore di
liquidazione (Euro 290.000) risultante dalle perizie, senza alcun elemento che giustificasse
tale scostamento. Inoltre, l’offerta era priva di cauzione, condizionata alla cancellazione di
un’ipoteca e contenente clausole sfavorevoli, risultando quindi aleatoria e potenzialmente
dannosa per i creditori.
Il Tribunale ha riscontrato anche gravi irregolarità nella procedura competitiva: pubblicità
insufficiente e svolta in periodo feriale, mancata indicazione dei valori di stima, assenza di
regole di gara e totale esclusione dell’esperto, figura centrale secondo la normativa e la
giurisprudenza. La pronuncia si inserisce in un orientamento giurisprudenziale rigoroso
(Tribunale di Brescia 7 novembre 2024, Tribunale di Milano 6 aprile 2025, Tribunale di
Parma 30 luglio 2024), che richiede trasparenza e reale apertura al mercato, pur
ammettendo margini di flessibilità in casi particolari.
Il Tribunale ribadisce perciò che la “migliore soddisfazione dei creditori” implica una
comparazione concreta con l’alternativa liquidatoria, che nel caso di specie risulta
preferibile. Lo stesso evidenzia come l'autorizzazione alla deroga dell'art. 2560 c.c. non
costituisce un automatismo, ma richiede la rigorosa verifica della sussistenza di tutti i
presupposti normativi. In definitiva, la pronuncia rafforza la funzione di controllo giudiziale
sulla cessione d'azienda nella composizione negoziata e tutela il ceto creditorio contro
cessioni sottovalutate o non trasparenti.