LA BANCAROTTA SI REALIZZA SOLO IN PRESENZA DI UN PERICOLO PER GLI INTERESSI DEI CREDITORI

  • 15/11/2025

La Cassazione penale, con la sentenza n. 35403/2025, ribadisce che la bancarotta
fraudolenta patrimoniale prefallimentare costituisce reato di pericolo concreto, il cui
accertamento richiede la verifica dell’idoneità ex ante dell’atto di depauperamento a mettere
in reale rischio la garanzia patrimoniale dei creditori. Il giudice deve dunque valutare non
solo l’esistenza dell’atto distrattivo, ma anche la qualità oggettiva del distacco patrimoniale,
ossia il suo effettivo valore economico e la sua concreta attitudine a compromettere la
soddisfazione delle ragioni creditorie, pericolo che deve permanere sino all’imminenza
dell’apertura della procedura concorsuale. Tale valutazione si colloca all’interno della c.d.
“zona penale di rischio”, concetto che identifica la fase di prossimità allo stato di crisi, in cui
l’imprenditore è normalmente consapevole del deterioramento della situazione finanziaria e
le sue operazioni patrimoniali assumono rilievo sintomatico dell’offensività.


Nel caso di specie, i giudici di merito avevano qualificato come distrattiva un’operazione
complessa di costituzione di usufrutto, locazione e trasferimento di nuda proprietà
immobiliare, funzionale all’ottenimento di un mutuo destinato a sostenere la società poi
entrata in liquidazione giudiziale, nonostante l’assenza dell’effettivo pagamento dei canoni.
La condotta era stata ritenuta dolosa sulla base di tre indicatori: mancata corresponsione
dei canoni; assenza di contropartita adeguata e scelta premeditata di dare luogo ad
un'operazione finanziaria lesiva degli interessi di alcuni dei creditori.


La Suprema Corte ha accolto l’impugnazione, affermando che non ogni distacco di beni
precedente alla liquidazione giudiziale integra automaticamente la fattispecie di bancarotta
distrattiva, occorrendo un apprezzamento concreto della pericolosità dell’atto, tenendo
conto sia del tempo della sua realizzazione (nella specie, quattro anni prima della
dichiarazione di liquidazione giudiziale), sia della sua effettiva idoneità lesiva rispetto alla
massa creditoria. La motivazione dei giudici di merito è stata ritenuta contraddittoria, avendo
contemporaneamente qualificato l’operazione come lecita e funzionale alla continuità
aziendale e, al contempo, come distrattiva senza adeguata analisi dei suoi effetti economici
reali. Tali incongruenze hanno inficiato anche l’accertamento del dolo, non adeguatamente
motivato alla luce della distanza temporale e della natura dell’operazione economica. In
conclusione, la Corte riafferma la necessità di un’interpretazione costituzionalmente
orientata della fattispecie, fondata sulla verifica rigorosa dell’offensività concreta dell’atto
depauperativo.