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La Corte di Appello di Ancona, con sentenza del 1° settembre 2025, ha ribadito il principio secondo cui, nei contratti di conto corrente bancario, gli interessi ultralegali e gli altri oneri, quali commissioni di massimo scoperto e valute, sono dovuti solo se pattuiti in modo chiaro, specifico e scritto. In mancanza di tali indicazioni, si applica esclusivamente il tasso legale, e le clausole generiche sono da considerarsi nulle ai sensi dell’art. 117, c. 4, TUB e dell’art. 1346 c.c., che richiedono un oggetto contrattuale determinato o determinabile.
Il caso concreto nasce da una controversia tra una società e una banca, riguardante l’illegittimità di addebiti su un conto corrente. La Corte d’Appello ha confermato la nullità delle clausole per mancata determinazione scritta del TAE e l’illegittimità degli addebiti.
Il cuore della questione giuridica sta nella necessità che i contratti bancari indichino espressamente il tasso effettivo annuo e gli eventuali criteri oggettivi per la sua determinazione. Anche il rinvio a parametri esterni è ammesso, ma solo se questi sono chiaramente identificabili e non lasciati alla discrezione della banca.
La sentenza si colloca nel solco tracciato dalla giurisprudenza di legittimità, che ha più volte ribadito che la semplice indicazione di tassi nominali o l’assenza di criteri certi non soddisfa i requisiti legali per la validità della clausola. Pertanto, in mancanza di una chiara pattuizione scritta, gli interessi ultralegali non sono dovuti.